Exit Tax in Spagna: che cos’è e come evitare la “trappola fiscale”
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Quando uno spagnolo percettore di reddito elevato considera di cambiare residenza, questi deve sempre affrontare lo stesso problema: la ben nota “exit tax” o “tassa di espatrio”.

Essa non è di per sé un’imposta specifica, ma si tratta di un obbligo di tassazione aggiuntivo rispetto all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (o IRPEF).

Tale obbligo è stato stabilito nel 2015 ed è abbastanza comune nell’Unione europea. Esso è nato con l’intento di distribuire tra i diversi stati membri il potere di tassare le plusvalenze derivanti da azioni basate su un principio di territorialità.

In altre parole, se un’impresa ha generato per decenni valore in un paese, la vendita della stessa, per l’azionista, non sarà esentata dalle imposte solo perché questi cambia residenza per un anno con l’intenzione di venderla esentasse.

Per questo motivo, per gli uomini d’affari e per i “ricchi” in generale, la exit tax rappresenta il più grande ostacolo e impedimento per l’uscita dalla Spagna, che intendano vendere le loro attività o meno.

Come è possibile vedere, si tratta di una questione piuttosto complessa, per cui cercheremo di risolvere i dubbi più comuni.

Cos’è esattamente la exit tax?

La tassa di espatrio implica la soggezione alla tassazione sulle plusvalenze latenti o non realizzate quando un contribuente di reddito personale spagnolo trasferisce la sua residenza fiscale a un altro paese.

In altre parole, essa implica il pagamento di tasse per un valore pari a come se si stesse vendendo il proprio portfolio azionario o la propria azienda ma senza monetizzarne realmente l’operazione. In breve, il pagamento di tasse per qualcosa di non guadagnato e che non ha generato alcun reddito.

Questa tassa è stata adottata all’interno dell’Unione Europea con l’intenzione che i residenti fiscali radicati in un paese non cambiassero residenza verso un luogo fiscalmente conveniente con la mera intenzione di vendere la propria azienda pagando meno tasse e tornare indietro con un risparmio fiscale notevole …

Ecco perché, fin da questa implementazione, molti concordano nel definire la Spagna come una “trappola fiscale”: ci si entra ma non se ne può più uscire.

Ma chi è soggetto alla exit tax?

Fortunatamente, questa tassa colpisce solamente i contribuenti con una certa quantità di ricchezza personale, e alla maggior parte dei residenti in Spagna non viene applicata.

Saranno soggetti alla exit tax i residenti fiscali spagnoli che soddisfino i seguenti requisiti:

    • Le persone che siano state residenti fiscali in Spagna per almeno 10 dei 15 periodi fiscali precedenti all’ultimo periodo fiscale per il quale deve essere dichiarato l’IRPEF.
    • Chi cessi di essere residente fiscale in Spagna.
    • Chi sia titolare di:
      • Azioni o partecipazioni in enti il cui valore di mercato, determinato in conformità con l’IRPEF indicato, superi, congiuntamente, 4 milioni di euro.
      • Azioni che rappresentino almeno il 25% del totale, a condizione che il valore di mercato delle azioni della società superi 1 milione di euro.

Pertanto, sembra chiaro che la exit tax sia intesa a trattenere in Spagna quegli uomini d’affari e quegli individui ad alto patrimonio netto fortemente radicati nel paese che probabilmente stanno già pagando un ammontare significativo di tasse.

Si tratta, in breve, della risorsa di un Ministero del Tesoro che non è disposto a “perdere dei buoni clienti” senza prima fare sborsare contanti.

Come funziona?

L’exit tax sarà pagata con l’ultima dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente che cessi di essere residente in Spagna.

In altri termini, se il cambio di residenza fiscale avviene, ad esempio, nel 2020, la plusvalenza dell’emigrante dovrà essere dichiarata insieme al reddito ottenuto nel 2019.

L’imposta ha lo scopo di tassare le seguenti ipotesi:

  • In primo luogo, la detenzione di azioni o partecipazioni in enti in cui l’emigrante abbia una partecipazione pari o superiore al 25% (vale a dire, il beneficiario effettivo, conformemente alle leggi sulla prevenzione del riciclaggio di denaro), che è generalmente associata alla capacità di esercitare un’influenza significativa sulla gestione dell’impresa o dell’ente, con esenzione minima pari a 1 milione di euro.
  • In secondo luogo, il caso in cui vengono tassati investimenti di portafogli in azioni e partecipazioni il cui valore complessivo di mercato superi i 4 milioni di euro.

Le sopracitate plusvalenze non realizzate e la loro tassazione vengono calcolate come segue:

  • Per il calcolo dell’utile verrà preso in considerazione quanto segue: [Valore di mercato delle azioni – Valore di acquisizione delle azioni]
  • I tassi da applicare all’utile saranno quelli del reddito da risparmio, potendo raggiungere un massimo di 23% (27% se venisse attuata la riforma dell’IRPEF promessa dall’esecutivo di Pedro Sánchez)
  • In questo modo, e a titolo d’esempio per il calcolo dell’exit tax, per una “vendita fittizia” con un guadagno non reale di 100.000 euro il contribuente potrebbe dover versare 21.880 euro alle autorità fiscali senza avere precedentemente pagato nulla.

In tal senso, sembra chiaro che si tratti di un grave ostacolo per il trasferimento di residenza in Spagna di chi ha grandi patrimoni e degli investitori internazionali, e potrebbe indurre molti a decidere di espatriare prima di raggiungere i 10 anni di residenza nel paese.

Tuttavia, potrebbe esserci una soluzione….

Come evitare la exit tax

La tassa di espatrio non è facilmente evitabile, e farlo senza una consulenza o “nell’impeto del momento” potrebbe condurre a una vera catastrofe fiscale… Pertanto, si consiglia di richiedere in ogni caso un parere professionale esperto se si decide di intraprendere un cambio di residenza fiscale avendo a che vedere con una tassa di espatrio.

A tal riguardo, in Rolocate&Save possiamo offrire aiuto (è possibile contattarci qui), e qui sotto riassumeremo le strategie più comuni per evitare la exit tax:

Immigrare in Unione Europea

La stessa Legislazione Spagnola, in materia di Imposte sul Reddito Personale, stabilisce che quando un contribuente emigra ad altro stato membro dell’UE o del SEE, questi può scegliere di rinviare l’applicazione della tassa di espatrio di 10 anni, cioè di non pagare la plusvalenza latente per il trasferimento in un paese dell’UE.

Questo significa avere la possibilità di raggiungere destinazioni con regimi preferenziali, non-dom e NHR (fiscalmente molto vantaggiosi).

Se non si intende vendere la propria attività consigliamo assolutamente di analizzare residenze fiscali attraenti come Portogallo, Grecia, Italia, ecc.

Se si necessita consiglio su quale sia la destinazione fiscale più attraente per le proprie caratteristiche, raccomandiamo di svolgere il nostro test: in Relocate&Save siamo specializzati in tassazione internazionale e in cambi di residenza e, attraverso questo test, venendo a conoscenza delle esigenze particolari, saremo in grado di rispondere inviando un resoconto personalizzato delle migliori giurisdizioni all’interno dell’UE per ridurre al minimo le fatture fiscali.

Emigrare tramite trasferimento temporaneo onde evitare exit tax

Un’altra opzione per cambiare residenza fiscale senza essere colpiti dalla tassa di espatrio potrebbe essere quella di trasferirsi temporaneamente a scopo lavorativo.

Come nel caso precedente, si tratta di un differimento o di un rinvio dell’applicazione della exit tax, ma non di un’esenzione, per cui il contribuente dovrà comunicare lo spostamento e fornire una garanzia per il potenziale pagamento dell’obbligazione fiscale.

A questo proposito, vale la pena menzionare che i regolamenti consentono (al trasferimento temporaneo) di raggiungere un massimo (estendibile) di cinque anni, e accettano come lavoro la notifica dell’esercizio di un’attività in quel paese, senza che venga specificato se si tratti di lavoro dipendente o autonomo. Tuttavia, se si decidesse di trasferirsi in un paese al di fuori dell’UE, sarebbe ottimale l’assunzione da parte di un datore di lavoro di quel paese per essere coperti al 100%.

Né la dottrina né le autorità fiscali spagnole fanno menzione esplicita al fatto che debba trattarsi di lavoro a tempo pieno, o che debba costituire una determinata percentuale del proprio reddito totale, ecc… Ma naturalmente il lavoro svolto deve essere reale e di un certo genere (altrimenti si tratterebbe di una simulazione e sarebbe perseguito).

Riorganizzazione aziendale e immobiliare per evitare l’exit tax

Nella misura in cui l’exit tax venga applicata solamente ad un numero ristretto di attività, nel momento in cui il contribuente abbia in mente un eventuale cambiamento di residenza fiscale; e nel momento in cui l’ammontare delle attività dello stesso possa essere influenzato da tale trasferimento, si potrebbe comprendere come sia maggiormente consigliabile investire in immobili o in titoli a reddito fisso invece che in titoli azionari o in schemi di investimento collettivo.

Allo stesso modo, una precedente ristrutturazione patrimoniale e imprenditoriale attraverso donazioni, fusioni, acquisizioni, ecc., potrebbe consentire al contribuente di sfuggire alla soglia dell’exit tax.

Rimpatrio dell’immigrato e domanda di rimborso del reddito indebito

Un altra via possibile ma meno piacevole, e adatta solamente ai più “coraggiosi”, sarebbe quella di pagare la exit tax e, in caso che non sia stata ancora accettata una volta tornati in Spagna, procedere alla domanda di rimborso del reddito indebito in relazione alla tassa di espatrio…

Sebbene possa essere contemplata come opzione, è senza dubbio una via traversa non molto effettiva per “evitare” l’exit tax.

La nostra conclusione

Come abbiamo menzionato, la tassa di espatrio è in vigore dal 2015 e non vi è dubbio che sia qui per restare (la Corte di Giustizia Europea nella sua causa C-164/12 ha convalidato la exit tax tedesca)…

Bisogna diffidare dei siti che aggirano la questione exit tax o che vendono soluzioni miracolose, perché potrebbero finire per vincolarti davvero.

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